da “Il Profeta” di G.K. Gibran
La vostra casa è il vostro corpo più grande. Essa cresce nel sole e dorme nella quiete della notte; ed essa non è priva di sogni. Forse che la vostra casa non sogna? E sognando, non lascia forse la città per il bosco o la cima del colle?
Come vorrei poter raccogliere le vostre case nella mia mano, e come un seminatore spargerle in foreste e prati. Come vorrei che le valli fossero le vostre strade, e i verdi sentieri i vostri angiporti, affinché voi possiate cercarvi l’un l’altro attraverso i vigneti, e giungere con la fragranza della terra nei vostri indumenti.
Avete voi bellezza, essa che da oggetti foggiati con legno e pietra conduce il cuore alla montagna sacra? Ma voi, figli dello spazio voi senza riposo nel riposo, voi non sarete ne intrappolati ne domati.
La vostra casa sarà non un’ancora ma un albero di nave. Essa non sarà una lucida pellicola che copre una piaga, ma una palpebra che protegge l’occhio. Voi non piegherete le vostre ali affinché possiate passare attraverso delle porte, né chinerete le vostre teste affinché esse non urtino contro un soffitto, né avrete apprensione nel respirare per tema che dei muri debbano spaccarsi e crollare.
E per quanto abbia di magnificenza e splendore, la vostra casa non conterrà il vostro segreto né darà asilo alla vostra aspirazione. Poiché ciò che è senza limite in voi dimora nella magione del cielo, la cui porta è la bruma del mattino, e le cui finestre sono i canti e i silenzi della notte.
Grazie ad Alessandra per la segnalazione
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