Due giorni di tempo
e la voglia di camminare verso casa.
La mia casa, la nostra casa
un villaggio che ancora non c’è.
Ho voglia che nel cuore non ci sia solo il suo sogno e i nostri sguardi
ma anche l’odore della terra e dell’erba,
la memoria della vista dell’alba
e del profilo del Summano con le stelle
quando la notte è buia, ma mai troppo da non riconoscere case e contrade, una notte in cui posso seguire con lo sguardo gli alberi fino a che diventano quel bosco che va su verso il Brazome e il Novegno.
Due giorni. Partire da casa, quella di adesso, salire a quella di prima, e senza mai toccar pianura, camminare, salire e camminare, e accorgermi strada facendo che un’idea strana, un “perché no?”, sta diventando un viaggio, una sorta di pellegrinaggio.
Nel cammino solitario c’è il sorriso, l’apprensione del perdersi, la fiducia che tutto andrà bene, la voglia di lasciar andare.
La vista del Tretto da distante è già casa.
L’arrivo e il dormire in questa nostra terra è gioia e ristoro,
è riposare al centro di un fiore che è pronto a sbocciare,
è la verità del vento,
è la realtà dei suoni fuori dalla tenda.
Sono arrivato, e ora c’è solo Grazie.
Posted by Enrico on 3 settembre 2012 at 17:36
una poesia che allarga il cuore e fa nascere un sorriso dentro. Grazie.
Posted by Maria Grazia on 2 settembre 2012 at 15:24
Certo che per essere un “foresto” hai sviluppato una affezione e una conoscenza dei luoghi molto più profonda di tanti “indigeni” 🙂
Posted by Caterina on 1 settembre 2012 at 11:38
bellissima, Andrea.. ogni viaggio fuori è anche un pò viaggio dentro..